L’infanzia in via Vetulonia, i primi calci al pallone, la timidezza e la
paura del buio, la vita di quartiere in una Roma che forse non esiste
più. Gli amici che resteranno gli stessi per tutta la vita. Gli
allenamenti a cui la mamma lo accompagnava in 126, asciugandogli i
capelli con i bocchettoni in inverno. L’esordio in Serie A a 16 anni in
un pomeriggio di marzo del 1993 a Brescia, con i pantaloni della tuta
che al momento di entrare in campo si impigliano nei tacchetti; il primo
derby, il primo gol, il rischio di essere ceduto alla Sampdoria prima
ancora che la sua favola in giallorosso possa cominciare. E poi la
gloria: caso più unico che raro di profeta in patria, venticinque anni
con la stessa maglia, capitano per sempre, un palmarès che annovera un
epico Scudetto, due Coppe Italia e due Supercoppe Italiane, oltre
ovviamente al Mondiale 2006 conquistato da protagonista con la
Nazionale. E ancora il matrimonio da sogno con Ilary Blasi, la vita
mondana attraversata sempre con leggerezza, con autoironia, con il
sorriso grato di chi ha ricevuto in dono un talento straordinario e la
possibilità di divertirsi facendo ciò che più ama: giocare a pallone.
Con l’espressione eternamente stupita del ragazzo che una città ha
eletto a simbolo e condottiero, oggetto di un amore senza uguali. Fino
al giorno del ritiro dal calcio giocato, e di un addio che ha emozionato
non solo i tifosi romanisti ma gli sportivi italiani tutti. Perché
Francesco Totti è la Roma, ma è anche un pezzo della vita di ognuno di
noi.